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Istituto d'Arte "Scuola del libro"

iconvia Bonconte da Montefeltro, 1
iconComune di Urbino
icon1972
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Edificata solo per due lotti sui quattro progettati, la sede dell’Istituto è stata realizzata a monte del quartiere “la Pineta”. L’organismo edilizio è composto da una spina centrale con biblioteca, amministrazione e aule. I laboratori sono contenuti in grandi vani unici con ballatoi e con una copertura imponente che consente l’ingresso della luce naturale. Con il progetto completo, il suo volume planimetrico avrebbe richiamato la pianta della città stessa.

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La scuola fu creata nel 1860 da Lorenzo Valerio (come Istituto di Belle Arti). L’intenzione del fondatore era di riunire in una scuola gli insegnamenti artistici attestati in Urbino ancor prima dell’occupazione napoleonica e tenuti presso l’Università. Egli avrebbe voluto annettere all’Istituto anche un museo nel quale sarebbero confluite le opere d’arte appartenute alle congregazioni religiose. Sebbene il museo non sia stato realizzato si deve comunque al Valerio e all’esistenza dell’Istituto se, con il tempo, fu possibile la nascita della Galleria delle Marche, ospitata nel Palazzo Ducale. Negli anni ’20 del secolo scorso, la scuola venne trasformata in Istituto Statale d’Arte per la Decorazione e Illustrazione del Libro (da qui la denominazione comune di Scuola del Libro). Molti i nomi illustri che hanno lavorato all’Istituto come insegnanti o direttori: Francesco Carnevali, Aleardo Terzi, Ettore di Giorgio, Antonello Moroni, Bruno Marsilio da Osimo, Mario Delitala. Il periodo tra il ’35 e il ’40 è tra i più intensi per la scuola che vede tra i suoi studenti: Remo Brindisi, Salvatore Fiume, Carlo Ceci, Renato Bruscaglia, Nunzio Gulino, Nino Caffè.

L’organismo, previsto da De Carlo per ospitare la scuola, viene collocato su un pendio, proprio dietro la zona residenziale «La Pineta». Da questo punto è peraltro pienamente visibile l’ultimo braccio del complesso edilizio che taglia, come una diga, la vallata. Il nuovo edificio si dispone alle spalle di questo elemento lamellare, sulla direttrice nord-sud, seguendo l’andamento digradante del terreno. Edificato solo in parte - sono stati costruiti solo due lotti dei quattro progettati - si sarebbe dovuto estendere, in modo simmetrico, lungo una spina centrale. Sebbene l’organismo non sia terminato, la parte realizzata offre un quadro esauriente dell’idea progettuale.

All’interno della spina centrale vengono sistemate le aule, l’amministrazione, la biblioteca e la palestra; ai lati, inseriti in uno spazio aperto tra la spina centrale e la copertura, vengono disposti i laboratori a gradoni. Le aule sono distribuite sui due piani superiori, intorno a corti interne a più livelli.

Gli ampi corridoi che servono le aule si affacciano sui cortili; questi ultimi accolgono, accanto agli spazi verdi, i lucernari degli ambienti sottostanti e la centrale termoelettrica.

Un aspetto importante di questo organismo risiede nel ruolo assunto dagli elementi tecnici. Essi infatti acquistano un effettivo valore ornamentale: nelle aule, per esempio, i condotti del riscaldamento o i canali di trasmissione elettrica sono messi in mostra, sostituendo la parte di muro che normalmente li contiene, con delle lastre in serramenti vetrati. Tali lastre, lunghe quanto la parete e delimitate da margini colorati, sono inserite tra gli architravi e le cornici come un fregio. Nei corridoi, gli stessi elementi fuoriescono dall’alto delle pareti e attraversano liberamente tutto lo spazio. Tali componenti restano però ai margini: come una drolerie attraggono l’attenzione ma non la trattengono, ovvero equivalgono a ciò che Gombrich definisce una «veduta laterale».

Ancora nelle aule le porte sono inserite tra due fasce di vetro fissando così una linea di mediazione tra interno e esterno - soluzione adottata anche nella Facoltà di Legge. Lo stesso ponte visivo tra uno spazio e l’altro viene accordato dalle aperture ad U rovesciate, con affaccio sui locali d’accesso ai laboratori. I laboratori sono un unico grande vano dal quale vengono ricavati, su ballatoi, gli spazi per ogni disciplina. I diversi ballatoi sono collegati tra loro e da percorsi interni alla spina centrale e da rampe metalliche alle estremità. Lo spazio è inoltre contraddistinto da un doppio sistema di travi reticolari di copertura che si appoggia su particolari pilastri. I livelli sono anch’essi sorretti da pilastri in cemento, alcuni dei quali a fungo come nel parcheggio del Mercatale. Importanti anche gli affacci sul paesaggio e sul verde: suggestiva è la sequenza di finestre ad U dell’Aula Magna che immette in un piccolo giardino. L’esterno assume una forma piramidale fortemente caratterizzata dalla copertura.

Nelle architetture decarliane i campi visivi sono estremamente importanti: essi vengono usati come cerniera tra il nuovo organismo e la storia con cui si confronta. La Scuola del Libro è stata una presenza importante per Urbino; ancora oggi quale Istituto d’Arte resta un riferimento per tutta la provincia. In passato, fu ospitata nel cuore di Urbino, nel Palazzo Ducale. Spostando la sede fuori le mura si rischiava di rompere ogni legame diretto con la città. Si comprende dunque perché il nuovo istituto sia stato costruito sulla direttrice nord – sud: rimanendo nel centro storico, questa area di espansione è visibile dal versante di Santa Lucia, anzi appena fuori la porta si distingue nettamente il volume della scuola. Sebbene il progetto non sia mai stato completato, si delinea comunque questa forte relazione visiva, a suo modo simbolo di ciò che l’Istituto ha rappresentato e continua a rappresentare per Urbino. La Scuola del Libro è inoltre visibile dal Collegio del Colle dal quale si vede anche la Facoltà di Economia. La città storica e le sue aree nuove sono collegate fra loro da linee riconoscibili solo ad un occhio attento, da un triangolo immaginario che le tiene unite e le proietta verso il futuro.