Sede centrale dell'Università
Il primo progetto di De Carlo a Urbino, l’incipit della collaborazione cinquantennale con il Rettore Carlo Bo: il recupero «funzionale» della prima dimora dei Duchi di Montefeltro, da secoli proprietà e sede dell’Ateneo. Denominata Sede Centrale, al tempo del suo recupero la struttura concentrava tutte le funzioni della piccola Università urbinate.
Il palazzo edificato nel XIV secolo fu la prima dimora dei Duchi di Montefeltro. Lo stemma sul portale è l’unica testimonianza del palazzo trecentesco che ha subìto continui rimaneggiamenti fino al 1500. In seguito adibito a convento, divenne poi, definitivamente, proprietà dell’Ateneo. Al momento dell’intervento, l’edificio si trovava in condizioni di grave degrado; si dovette, di conseguenza, ricorrere a un risanamento delle parti pericolanti, rinforzando le murature di mattoni e sostituendo le pareti e i solai in legno. Il progetto vero e proprio, pur riorganizzando la distribuzione degli spazi, non ha mutato la configurazione cinquecentesca. Il criterio impiegato, infatti, prevede un recupero «funzionale», ovvero il riuso degli spazi preesistenti senza alterazioni volumetriche. Anzi, la rimozione della parete costruita nel 1936, ha restituito il vecchio impianto a due cortili.
Nel braccio di fabbrica, tra le due corti interne, è stata collocata la scala prima alla periferia dell’edificio. È interessante notare che la disposizione della scala al centro mancava di qualsiasi fonte documentaria. Si decise, in ogni caso, di procedere con i lavori poiché il progetto così risolto, semplificava notevolmente le comunicazioni tra un piano e l’altro. Fu così che durante le demolizioni, proprio nello stesso punto, vennero alla luce tracce di un’altra scala, presumibilmente l’originaria, che confermavano l’intuizione avuta da De Carlo. La scala a tenaglia diventa il polo gravitazionale di tutta la composizione. Grandi vetrate, distribuite all’altezza dei pianerottoli centrali, creano dei pozzi di luce che irradiano anche le zone altrimenti in ombra. Inoltre, grazie alle aperture, la scala, insieme alla sua particolare morfologia, è visibile da ogni piano.
L’atrio d’ingresso si apre direttamente sul primo cortile; l’impianto ad archi e a volte del portico non è stato toccato; le corti sono pavimentate con mattoni di coltello; nel disegno della tessitura sono state ricavate piccole aiuole con piante verdi e alberi. I serramenti intorno al cortile sono in ferro; gli archi dei portici, così trattati su tutti i piani, permettono delle introspezioni multiple attraverso le corti. Dall’alto, per esempio, è possibile vedere l’atrio, le persone che entrano ed escono dall’edificio o il brulichìo di studenti; in altre parole, si instaura tra le varie componenti (i cortili, le gallerie, la scala) e, dunque, anche tra i fruitori, un rapporto strettamente visivo.
All’interno (al pianterreno anche nella prima corte) sono appesi stemmi del ’700 e frammenti di bassorilievi provenienti dal deposito del Palazzo Ducale. Alcuni di questi ultimi, al piano terra, sono reperti archeologici dell’antica città romana.
Quando lo stabile fu recuperato, le piccole dimensioni dell’Università urbinate permettevano di concentrare tutte le funzioni in un unico organismo architettonico. La Sede Centrale ospitava al pianterreno la biblioteca, le aule del Magistero e la sala delle lauree. Al primo piano erano distribuiti il rettorato, la direzione, le segreterie, l’economato e l’amministrazione, la zona di rappresentanza con l’Aula Magna. Erano sistemate anche le aule per le lezioni delle diverse facoltà, tranne gli ambienti di Farmacia organizzati all’ultimo piano.
Oggi l’edificio ha subìto una ristrutturazione che ha modificato il progetto originario. Per alcune parti la distribuzione dello spazio è rimasta pressoché uguale; è cambiata totalmente l’assegnazione delle funzioni. L’organismo architettonico accoglie nei piani superiori le segreterie di tutte le facoltà. La biblioteca occupa invece gli spazi disponibili al pianterreno.
Il Rettorato è stato completamente smantellato.
Negli interni prevaleva una proporzione volumetrica e spaziale propria dell’architettura rinascimentale; parimenti, i colori furono scelti in base ai gusti pittorici dell’epoca, attestati dal vicino Palazzo Ducale. Alla natura ieratica degli interni corrispondeva un arredamento sobrio con grande attenzione ai particolari di design, ma con pochi mobili di mercato e, come si è visto, con opere d’arte antica tra cui, nella galleria al secondo piano, va segnalato un affresco del 1400 proveniente da una chiesa di appartenenza dell’Ateneo. L’intervento moderno è dunque contraddistinto da una tacita essenzialità che diviene l’elemento dominante della ricomposizione; il profondo rispetto per la storia consente ancora solo un cenno alla contemporaneità. Persino la nuova collocazione della scala, che pure è l’operazione più decisa, svela, in realtà, il suo assetto originario e il tutto si traduce in una mera contemplazione quasi museale. Ben diverse saranno le esperienze di riuso successive, dove il confronto con la storia si esplicherà con una quasi totale ristrutturazione moderna sull’antico.